Si tratta di una terapia non verbale: precede le parole, ponendo solide fondamenta su cui costruire e permettere la successiva verbalizzazione.

E’ un aiuto concreto che precede la relazione interpersonale tra chi mette dei semplici ed umili aghi, senza far calare il suo gesto dall’alto, senza chiedere nulla se non la disponibilità a farsi trattare; crea un rapporto di fiducia reciproca che permetterà successivamente il passaggio a terapie di supporto psicologico o a gruppi d’aiuto (A.A., ARCAT o N.A. comunità).

In effetti la comunicazione verbale all’inizio del trattamento è difficile in particolare col paziente in astinenza, che cerca di risolvere disperatamente il suo malessere, di stare subito fisicamente meglio piuttosto che iniziare un confronto verbale su un problema tanto intricato. In questa fase i pazienti chiedono fatti e non parole.

Senza parole non c’è minaccia, si possono superare le barriere sociali e culturali, non ci si sente giudicati, ma piuttosto presi , qualsiasi cosa sia successa, in cura. La parola è comunicazione ma anche divisione.

Niente parole, niente bugie.

Non si evitano automaticamente le ricadute, ma, senza dubbio, anche i sensi di colpa di chi ricade e ha difficoltà a dirlo piuttosto che confessarlo, e preferisce ricadere o interrompere il trattamento.

Le ricadute sono una parte della riabilitazione psichica e devono essere accolte come parte della terapia stessa.

La continuazione del percorso sulla strada del recupero del soggetto.

La terapia non è sensazionale, né dovrebbe esserlo, ma è capace di sostenere giorno per giorno l’energia fisica e la voglia psichica di uscire dalla droga.